domingo, 4 de octubre de 2009

EFFATÁ... Apriti!


Domenica XXIII del tempo ordinario.

OMELIA

P. Mariano Herrera Fraile, Rector del Pontificio Colegio Español San José. Roma

1.- Il riasunto di questa domenica, ascoltando la Parola, celebrando la liturgia e impegnandoci nella vita, può essere:

STARE ACCANTO ALLE PERSONE

- sperando un mondo rinnovato... “coraggio, non temete”
(Is 35, 4-7a);

- lodando Dio in fedeltà e giustizia... “rimane fedele...rende giustizia” (Sal 145, 7-10);
- coi debiti riguardi ai fratelli tutti, specialmente ai poveri
(Gc 2, 1-5);

- lasciandoci toccare dal Signore... “gli pose le dita negli orecchi...e gli toccò la lingua” (Mc 7, 31-37) “facendo bene ogni cosa”.

Le situazioni della vita ci fanno stare accanto a tante diverse persone (più oppure meno conosciute); e ogni persona, toccata dall’evento attuale della propria vita (ciascuno di noi sulla propria novità: nuovi alumni, le Suore appena arrivate, anche l’equipe responsablile con la novità di ciascuno di voi...) deve dire qualcosa di sensato agli altri e lasciarsi tocccare dagli altri: È la vita di una comunità cristiana, è la vita di questo Collegio di San Giuseppe che ci accoglie. È davvero difficile, ma è anche il nostro impegno, e un impegno gratificante e piacevole..
Dobbiamo prendere la forza per poter dire : “Coraggio…, non temete!” e non diventare banali, inopportuni, fastidiosi agli altri, ma amici, fratelli, e compagni.

2.- Una nuova comunità di Suore “Dominicane, Figlie di Nostra Signora di Nazareth”, si costituisce oggi a Roma, in questo Collegio. Benvenute e mille Grazie! Qui stanno le tre suore che saranno comunità, e anche la Superiora Generale e altre due che portano il processo diocesano della causa di canonizazione della M. Maria Sara Alvarado, la loro fondatrice.

3.- Dio non si arrende, Dio si consegna: Lui sposa e s’impegna decisamente nelle situazioni umane di ogni genere. Incrocia ogni motivo della vita con il grido profetico: “Coraggio! Non temete”. Dio si impegna nelle situazioni più difficili, si espone in prima persona, promette ciò che umanamente è insperabile. Lui lo dice e lo fa.

Israele deve raccogliere la sfida della portata salvifica di questo annuncio. Dio interviene con questo invito al coraggio e alla fiducia nella sua azione salvifica nella storia di tanti protagonisti biblici, e sempre nei momenti più decisivi, difficili e critici, umanamente esposti al limite dell’impossibile.

L’accostarsi di Dio, la sua prossimità al popolo, è motivo di profonda consolazione: è certezza di una soluzione positiva a momenti segnati dalla prova della vita. Nelle mani di Dio, anche le situazioni più difficili e nuove tornano a vivere. Tutto si risveglia, come a primavera: è uno schiudersi prorompente di ciò che ormai appariva destinato a “morire”.

La partecipazione alla salvezza annunciata da Yahwè comporta un coinvolgimento benefico di tutto e di tutti. È una creazione restaurata quella che risulta dall’intervento di Dio: viene ripristinata l’armonia perduta, e la creazione diventa un inno di lode, il solenne riconoscimento dell’intervento di Yahwè: “Ecco il vostro Dio…Egli viene a salvarvi”

4.-: Gesù, “uscito…passando…venne…”, senza esclusione geografica, coinvolgendo tutti. Gesù è deciso nel suo camminare missionario. D’improvviso, la presentazione dell’uomo sordomuto. Pregano Gesù di imporre le mani sul sordomuto: il gesto delle mani aperte esprime la signoria di Dio, la sovranità e il potere sulla natura. La reazione di Gesù rischia di diventare una pratica da “stregone”: ricorre a gesti magici e strani, pronuncia parole misteriose, quasi senza senso. La potenza di Dio (“guardando verso il cielo”) è nuovamente all’opera: dita e saliva sono gli elementi utilizzati per la nuova creazione.

Gesù, il Signore, è il Salvatore, è la presenza consolante di Dio in mezzo a noi.
I segni che egli compie riguardano i poveri, noi stessi; rispondono alle aspirazioni più profonde degli uomini, dimostra il coraggio di poter essere guariti e di poter occupare un posto nella comunità, da persone normali.

Il sordomuto è condotto fuori dalla folla: si trova solo di fronte a Gesù, come Adamo, il primo uomo plasmato ma non ancora “essere vivente” (cfr. Gen 2). E Gesù “fa passare” la sua potenza in quest’uomo malato: la vecchia creatura è recuperata, la natura è restaurata, l’alito di vita produce la “nuova creazione”, il sospiro di Gesù è un’eco della partecipazione alla sofferenza del sordomuto e premessa della guarigione:

“Effatà”. L’apertura del cielo, “dimora” di Dio, è condizione dell’apertura degli orecchi e dello scioglimento della lingua: in Gesù, irrompe “dal cielo” la potenza di Dio stesso…ed è vita! E ritorna alla comunità.

5.- Siamo una comunità nuova, aperta alla parola e alla luce di Cristo, ancora incapace di esprimere correttamente la propria fede. Ma l’incontro radicale con Gesù, oggi in quest’Eucaristia, è un itinerario di vita e di luce.

Il testo della Parola di Dio ci interpella e ci provoca a scelte personali e comunitarie, a tirarci fuori dalla mischia e dall’anonimato della folla, per “stare di fronte” al Mistero di luce che gradualmente ci introduce nell’Effatà di una vita cristiana piena, di una vita comunitaria gioiosa, d’un Collegio rinnovato per un nuovo anno accademico con il motto della fedeltà: “fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”

Il racconto di Marco conferisce un’attualità che non tramonta. Ecco l’itinerario della nostra vita che conduce verso un’acquisizione sempre più piena dell’identità, della fedeltà di Gesù Cristo, fino alla maturità dell’Ascolto e della Profezia: “Fare bene ogni cosa... fare udire i sordi e parlare i muti”.

EFFATÁ... Apriti!


Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!



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